NONNO BOMBARDIERE

Quando sarò vecchio mi siederò davanti al caminetto 3d coi miei nipotini e racconterò loro di quando non esistevano gli androidi e i bambini non erano di pelle sintetica come adesso.


Raccontaci una fiaba, nonno.

Perché? Tanto non siete umani.

Non dire così.

È la verità.

Non è vero!

Tieni, questo è lo scontrino.

...

Volete che vi spenga?


I nonni sono una gran cosa, tutti dovrebbero averne almeno quattro.
Mio nonno ha partecipato a entrambe le guerre mondiali (un tempo si disputavano più spesso) e aveva un sacco di cose da raccontare. Pilotava un bombardiere Fiat BR20, il primo bombardiere utilitario della storia. Nonostante il suo lavoro (sganciare bombe su gente inerme), non ha mai ucciso nessuno, era una persona troppo buona per fare del male a qualcuno, oltre ad avere una pessima mira. Era talmente buono che lo chiamavano gamberoni alla griglia.
Un giorno il comandante in capo gli ordinò di bombardare Kyoto, lui allora sputò per terra e guardando il suo superiore dritto negli occhi gli rispose con uno sdegnato: “obbedisco!”. Italia e Giappone erano alleati, è vero, ma a quel tempo il programma ministeriale di Storia arrivava solo fino al Risorgimento. Così il giorno dopo partì in missione, e mentre sorvolava i cieli di Johannesburg (una delle sue scorciatoie) fu catturato dai giapponesi e torturato senza pietà per mezzo di haiku.

Il cinghiale dorme / sull’erba del bosco. / È stanco.

L’inverno è iniziato. / Cade la prima neve / sulle montagne.

Bacche colorate / sulla sponda del fiume. / Dissenteria.

In questo modo gli fecero rivelare la ricetta del risotto ai quattro formaggi. L’aviazione giapponese aveva intenzione di usarlo come arma chimica sganciandolo sulle città nemiche, gli rimaneva solo da capire come si guidassero gli aerei (i famosi kamikaze giapponesi in realtà non erano kamikaze).
Seguirono undici anni di prigionia in un ryokan in compagnia della peggior specie di esseri umani (i turisti). Un luogo tremendo dove i detenuti erano costretti a dormire per terra e a mangiare con delle scomodissime bacchette, per non parlare di quei tremendi fagioli (qualcuno dovrebbe dire ai giapponesi che i fagioli si mangiano con la salsiccia, non col gelato). Il fatto che venisse rispettata la convenzione di Ginevra, cioè parlare tutti in francese, non rendeva certo il soggiorno più piacevole.
Quando mio nonno fu liberato ormai era un’altra persona (il suo compagno di cella che gli aveva fregato i documenti).
Come diceva sempre a mia nonna allontanando schifato il piatto di fagioli: “la guerra è un’esperienza che segna. Uno a zero per la guerra”.