UNA STORIA VERA

Al piccolo Ludwig non piaceva il contrappunto. Gli altri bambini si infilavano diligentemente la parrucca e componevano canoni per aumentazione e fughe in epidiapente, invece lui apriva il piano e improvvisava. 
Il padre Johann era seriamente preoccupato per il futuro del figlio (“sono seriamente preoccupato per il futuro del figlio”, diceva sempre), così decide di mandarlo a ripetizione dal vecchio Haydn. Haydn era già un po’ avanti con gli anni, ma la mente era ancora quella di un bambino piccolo.
Il povero Ludwig ce la metteva tutta per imparare il contrappunto, ma già una piccola invenzione a due voci era per lui uno scoglio insormontabile. I suoi pentagrammi erano sempre pieni di ottave parallele e interminabili trilli, che Haydn correggeva con grande pazienza e, di tanto in tanto, colpendolo amorevolmente con una bottiglia.
Dopo mesi e mesi di bottigliate sulla testa, il piccolo Ludwig ha un’idea straordinaria: decide di farsi fare i compiti di nascosto da Albrechtsberger, Schenk e Salieri, tutti ottimi compositori dell’epoca (se non dovevi anche ascoltarli).
Un giorno, però, Haydn si insospettisce.


Non male questo mottetto a ventisei voci. E pensare che la settimana scorsa non riuscivi neanche a buttare giù il basso continuo di Jingle Bells.

Grazie, maestro.

Sembra composto da Albrechtsberger.

Lei mi lusinga.

Anche la grafia è quella di Albrechtsberger.

Faccio del mio meglio.

Perché ti sei firmato Albrechtsberger?

Ora potrei riavere il mio mottetto, signor Albrechtsberger?

Non è che per caso prendi lezioni da Albrechtsberger?

Non so nemmeno chi sia questo Salieri, signor Schenk.


Beethoven non faceva progressi. Dopo sei anni di lezioni era ancora convinto che una fuga fosse un dolce viennese. In compenso era diventato molto famoso con le sue improvvisazioni al pianoforte, che eseguiva con grande successo in tutti i bar di Vienna. La gente impazziva per le sue ottave parallele e i suoi interminabili trilli, e le donne facevano la fila per fare l’amore con qualcun altro mentre ascoltavano la sua musica.
Così, col passare degli anni e con la pratica, Beethoven si impadronisce gradualmente di tutte le tecniche compositive necessarie per diventare un genio, e a soli cinquantacinque anni si sente finalmente pronto per dimostrare ai suoi vecchi maestri (morti) e a sé stesso (sordo) la sua completa padronanza dell’antica e nobile arte del contrappunto.
Compone il quartetto in Si bemolle maggiore, a conclusione del quale pone la sua opera più ambiziosa: la Grande Fuga, un brano ossessivo-compulsivo interminabile, ardito e spigoloso come una smerigliatrice elettrica. Per far risaltare ancora di più la genialità del pezzo, Beethoven lo fa precedere da una piccola danza tedesca, una cosina orecchiabile per ingraziarsi l’ascoltatore prima di stordirlo con la Grande Fuga. Tuttavia alla prima esecuzione pubblica le cose non vanno come previsto: la gente va in delirio per la danza tedesca e si scaccola impassibile con la Grande Fuga. L’unica reazione è quella di una signora che si alza per provare a spegnere i musicisti.
Beethoven ci rimane malissimo. Uno ci mette anni a scrivere il pezzo più incredibile del mondo e quelli applaudono una canzoncina? Che senso ha fare il musicista se la gente non sa distinguere un’opera d’arte da un motivetto orecchiabile? Basta! Giura a se stesso che non eseguirà mai più niente in pubblico, dice che cambierà il nome della Grande Fuga in Grandi Perle ai Porci e che comporrà una sinfonia per soli rutti per esprimere tutto quello che pensa del genere umano.
Invece non farà niente di tutto questo. L’unica cosa che farà sarà sostituire la Grande Fuga con un pezzo più orecchiabile e infarcito di citazioni della danza tedesca. Il successo è straordinario. Il quartetto schizza in testa alle classifiche di tutto il mondo e resta al primo posto nella Billboard Hot 100 per trentotto settimane consecutive, record che sarà battuto solo da Like a Virgin.