L'ERBA DEGLI OCCHI

Alla visita di leva ho dovuto compilare un test a risposta chiusa (sì, sono così vecchio che ho fatto la visita di leva, ho avuto un televisore in bianco e nero e da piccolo mangiavo omogeneizzati di brontosauro). Nel test c’era una domanda di questo tipo:

Ti piacciono i fiori?
a) Sì.
b) No.
c) Tua sorella.

Girava voce che chi rispondeva “sì” aveva ottime probabilità di finire dallo psicologo, perché, si diceva, a un vero uomo non possono piacere i fiori. Ora, io non so se questa cosa fosse vera, ma di sicuro suona plausibile visto com’è l’ambiente militare: una congrega di gente rozza e prepotente convinta che la mascolinità consista nel rendersi indistinguibile da un babbuino.
Apro una parentesi. Si dice che l’ambiente militare vada apprezzato per il rigore e la disciplina, ma io non ho visto né l’uno né l’altra. Rigore e disciplina vuol dire che tutti devono sottostare alle stesse regole, per quanto cretine possano essere, non che chi comanda fa quel cazzo che gli pare e chi obbedisce deve subire le angherie dei cosiddetti superiori. Questa si chiama anarchia. Per quel poco che ho visto, l’esercito è un’istituzione anarchica. Ad ogni modo, che hanno i fiori che non va? I fiori sono bellissimi. È forse un problema psichico apprezzare le cose belle? Per me il problema psichico ce l’ha chi rimane indifferente di fronte all’Eufrasia


la cosiddetta erba degli occhi, con la corolla divisa in due labbra: il labbro inferiore a forma di pista di atterraggio per gli insetti e quello superiore con l’orlo rovesciato all’indietro, come un elmetto, da cui penzola il pistillo con all’estremità il rigonfiamento dello stimma, e al cui interno sono nascosti quattro stami, con le sacche polliniche a forma di freccia. Non è meraviglioso?
Il malato di mente è chi non si emoziona per la Genziana Germanica


l’Iperico


o il Rododendro Irsuto.


Mi piacerebbe tanto essere un’ape per vedere meglio cosa c’è nelle corolle di questi fiori. Un’ape piccola, intendo, non un’ape di settanta chili.
Quest’estate sono stato in montagna e mi sono appassionato di fiori selvatici. Ne ho fotografati a centinaia, anche se poi, quando sono tornato, ho scoperto che la maggior parte crescevano anche sullo spartitraffico sotto casa. Ma come facevo a saperlo? Fino a ieri non sapevo niente di fiori, neanche mi piacevano. Al test della visita di leva avevo risposto “tua sorella”, aggiungendo a mano “l’unico fiore buono è un fiore morto”. Non solo non sono andato dallo psicologo, ho anche vinto un cazzo di bronzo.
Ora non è più così. Ora faccio caso ai fiori che la gente mette in giardino e mi fermo a guardare i vasi sulle finestre. Ho anche iniziato a studiare un po’ di botanica, niente di che, giusto un’infarinatura per capire un po’ meglio quello che vedo. È così che mi sono reso conto di una cosa orribile: i fiori sono i genitali delle piante. È una cosa che sapevo già, come nozione, ma non mi ero mai soffermato a pensare cosa volesse veramente dire.
Studiare i fiori è come andare in giro a immobilizzare scoiattoli e marmotte per mettergli la testa fra le gambe e vedere da vicino com’è fatto il loro pene. Perché gli stami sono peni, i pistilli sono vagine e il polline, dio mio, è sperma. C’è qualcosa di perverso nell’osservazione minuziosa dei fiori. L’eufrasia, per esempio, non è altro che uno scroto dal cui labbro superiore penzola la vagina con all’estremità un clitoride rigonfio, e al cui interno sono nascosti quattro cazzi, con i testicoli a forma di freccia.Ora capisco lo psicologo.