3000000000 METRI PIANI

Penso che Salvador Dalì sia di gran lunga il più grande cretino che la storia dell’arte abbia mai preso sul serio.


Ma non è di questo che voglio parlare. Quello di cui voglio  parlare è la sbruffoneria di quelli che fanno i 100 metri piani. Che bisogno c’è di fare tutte quelle facce da cretini? Cosa pensano li esenti dall’essere ritenuti dei cretini come tutti quelli che fanno facce da cretini? Tutta questa scena solo perché fanno 100 metri in 10 secondi? Dopotutto sono solo 36 km/h. Magari poteva fare impressione due milioni di anni fa, quando la gente rincorreva le banane nella savana, ma adesso ci sono le macchine, gli aerei, gli space shuttle. Quanto impiega uno space shuttle a fare 100 metri da fermo? Non ne ho idea, ma di certo fa molta più impressione. Quanto mi piacerebbe che questa gente sapesse che quando mostra la lingua nei primi piani, bacia l’obiettivo o fa altre cose di questo tipo, dall’altra parte ci sono io, senza mutande, col culo appiccicato alla tv. Certo non è elegante, ma è l’unica cosa che sa darmi un po’ di sollievo. O almeno era l’unica cosa. Ora ne ho un’altra.
Come è evidente dalla vita di tutti i giorni, festivi compresi, lunghezze e intervalli di tempo sono gli stessi per tutti, ovunque ci si trovi e su qualsiasi mezzo di locomozione si stia viaggiando, a parte naturalmente quando si parla di prestazioni sessuali, ma questo non c’entra. Nell’atletica, 100 metri sono 100 metri e 10 secondi sono 10 secondi sia per chi sta allo stadio sia per chi è a bordo di un roadster a reazione lanciato a velocità supersonica. L’unica differenza è che la gara vista dal roadster sembra molto più divertente, ma questo non cambia i risultati sportivi.
Qualsiasi evento può essere etichettato con due coordinate x e t: una per la sua posizione e l’altra per l’istante in cui accade. Ovviamente sto facendo finta che l’universo abbia una sola dimensione spaziale, cosa che per certi versi non sarebbe neanche male: niente più semafori, niente più salite, niente più caricature. Per esempio, l’evento “partenza degli sbruffoni alla finale dei 100 metri delle Olimpiadi di Budrio” (P) ha le coordinate

{0, 0}

dove x è misurato dall’inizio della pista e t dall’inizio della gara. Invece l’evento nascita di Gesù ha le coordinate

{3000 km, 2012 avanti Olimpiadi}

sempre che Gesù sia veramente esistito, altrimenti le coordinate sono

{certo, certo}

Questo per chi è allo stadio, invece per chi si muove a velocità costante v rispetto alla pista e misura i tempi col suo orologio e le distanze a partire da se stesso, le coordinate x’ e t’ di questi eventi sono in generale diverse e sono in relazione con x e t secondo queste equazioni

x’ = x - vt
t’ = t

dove per comodità mi sono seduto sul divano, ho aperto una birra fresca e ho deciso che anche lo spettatore in movimento fa partire il cronometro all’inizio della gara, istante in cui transita a tutta velocità sui blocchi di partenza col roadster di cui sopra. Senza perdere in generalità, assumiamo che non investa nessuno, al massimo un paio di giamaicani. Se adesso considero oltre all’evento P anche l’evento “arrivo al traguardo del primo sbruffone” (A) e l’evento, altrettanto degno di nota, “mosca che del tutto casualmente si posa su un blocco di partenza nel momento esatto in cui il primo sbruffone arriva al traguardo” (M), ho che per la gente allo stadio le coordinate di questi eventi sono

P{0, 0}
A{100 metri, 10 secondi}
M{0, 10 secondi}

mentre per chi è in movimento sono

P{0, 0}
A{100 - 10v, 10}
M{-10v, 10}

cioè per entrambi gli spettatori la gara dura 10 secondi (tA = t’A) e la pista è lunga 100 metri (xA - xM = x’A - x’M). Tutto questo discorso per dimostrare l’ovvio, si potrebbe dire, se non fosse che è da circa un secolo che si sa che questo “ovvio” è in realtà sbagliato. Infatti, se proprio si vuole essere precisi, le coordinate si trasformano così

x’ = γ(x - vt)
t’ = γ(t - vx/c2)

dove c è la velocità della luce e

γ = 1/√(1-v2/c2)

Stando così le cose, gli eventi P, A e M visti dallo spettatore in movimento non hanno più le coordinate scritte sopra, ma queste

P{0, 0}
A{γ(100 - 10v), γ(10 - 100v/c2)}
M{-γ10v, γ10}

da cui, dopo alcuni passaggi, si perviene facilmente al seguente risultato: è un casino pazzesco. Per esempio, la posatura della mosca e l’arrivo dello sbruffone non sono più simultanei (t’M ≠ t’A), quindi la lunghezza della pista non può più essere misurata facendo x’A - x’M, perché nel tempo che passa fra sbruffone e mosca la pista si allontana dallo spettatore. Per sapere quanto è lunga la pista per chi ama guardare le gare di atletica scorrazzando a bordo di veicoli supersonici, bisogna scegliere un evento diverso da M, cioè bisogna scegliere fra tutti gli infiniti eventi che avvengono all’inizio della pista (x’=-vt’) quello simultaneo ad A (t’=t’A), cioè

M2{γ(-10v + 100v2/c2), γ(10 - 100v/c2)}

Si vede così che la pista non è più lunga 100 metri ma 100/γ, con lo sbruffone che esulta dopo γ(10 - 100v/c2) secondi invece che 10. Quindi, ogni volta che dei centometristi stanno per stupire il mondo oltrepassando ancora una volta tutte le frontiere del pavoneggiamento, basta andare in autostrada a 3600 km/h e questa gente farà 0.0000000006 metri in meno impiegando 0.00000000005 secondi in più, che potrebbe sembrare poco, ma sono più di trecentomila protoni messi in fila e diecimila miliardi di mesoni ρ+ che decadono uno dopo l’altro. C’è ben poco da esultare.
Ma la cosa che in assoluto dà più sollievo di tutte è un’altra. Lunghezze e intervalli di tempo non sono gli stessi per tutti, è vero, però lo sono le distanze spazio-temporali. Basta omogeneizzare spazio e tempo moltiplicando t per le costanti c e i, dove i è l’unità immaginaria

i2 = -1

e si ha

(xA - xP)2 + (ictA - ictP)2 = (x’A - x’P)2 + (ict’A - ict’P)2

La distanza spazio-temporale fra partenza e arrivo è la stessa per tutti gli spettatori, proprio come succederebbe in un normalissimo spazio euclideo. È un’idea che mi è venuta così, chissà come mai, mentre leggevo qualcosa di un certo Einstein, penso “dottrina del relativismo” o qualcosa del genere. Che persona meravigliosa doveva essere questo Einstein, lui di certo non faceva facce cretine.
Tutto questo significa che il tempo è un po’ come lo spazio: lo si percorre e si incontrano posti diversi, alcuni mai visti, altri un po’ sempre noiosamente gli stessi, come l’estate più calda degli ultimi centocinquant’anni o l’ennesima incredibile rimonta, ma la cosa veramente bella è che non si può tornare indietro. No, questa non è bella. La cosa bella è che viaggiare nel tempo non costa nessuna fatica, basta aspettare e in un batter d’occhio si copre la distanza

ic × (batter d’occhio)

In pratica ci si muove alla velocità della luce (per i) lungo la direzione del tempo, così come i fotoni si muovono alla velocità della luce nello spazio, e come i fotoni hanno sempre la stessa velocità spaziale, così io ho sempre la stessa velocità temporale, ovunque mi trovi e su qualsiasi mezzo di locomozione stia viaggiando. È veramente piacevole pensare che nei 10 secondi in cui quelli là fanno 100 miserabili metri, io, seduto comodamente sul mio divano, ne faccio circa tre miliardi. Immaginari, certo, ma sempre tre miliardi.