PAUSA CAFFÈ

Ci saranno state, non so, duecento persone.

Duecento?

Anche di più.

Ma cos’era? Pasqua?

Non era niente, era una domenica qualsiasi.

Un codice verde.

Esatto. Di solito ci saranno venti, trenta persone a dir tanto.

Sempre più che da noi.

Invece domenica ce n’erano almeno duecento.

Sul serio?

Almeno.

Come mai?

E che ne so? Lo sai com’è la gente...

Io duecento persone non le vedo neanche a Natale.

E tutti che si mettono in fila per la cosa.

La comunione?

Esatto.

Stai scherzando?

Ti giuro, tutti. Non ho mai visto una roba del genere.

Duecento coperti?

Almeno.

Cioè, da spararsi.

Io largheggio sempre con le particole, lo sai. Riempio la pisside fino all’orlo e poi sono a posto per tutto l’anno.

Ma scadono.

In che senso?

Hanno una scadenza.

Mica si mangiano per il sapore.

Giusto.

Sì, “giusto”, però quel giorno lì non ne ho tre in meno?

No!

Una, due e tre.

Eh, ma questa è sprovvidenza.

Me ne accorgo quando ho ancora quattro vecchie da servire.

Pazzesco.

Guardo le vecchie: quattro. Guardo le ostie: una. Guardo ancora le vecchie, non si sa mai che nel frattempo siano diminuite: sempre quattro.
 
Quindi?

Taci, va’...

Io di solito le spezzo.

Quelle piccole?

Sì.

Le mie sono troppo piccole.

Anche le mie sono piccole.

Non piccole come le mie.

Guarda che sono misure standard.

Per fortuna avevo le patatine.

Le patatine?

Sai, le patatine. Quelle tonde, sottili...

Le patatine.

Eh. Per caso ne avevo un sacchetto in tasca, così --

Hai usato le patatine?

Sì, perché?

Cioè, fammi capire, tu gli hai dato le patatine invece delle ostie?

Esatto.

Mica si può fare.

Perché no, scusa?

Le patatine non sono il corpo di Cristo.

Ah ah ah!

Cosa c’è?

Oddio...

Perché ridi?

No, niente. Hai ragione.