LA BUCA DELL’AMORE (21 E 22)

21. LA GENTE È TRACOTANTE

L’affermazione “la gente è stupida”, nel senso di “la stragrande maggioranza della gente è stupida”, è falsa, sia che con “stupida” si intenda “poco intelligente” sia che si intenda “poco saggia” (parte 19). Questo comunissimo assemblaggio di lettere è in realtà solo uno dei tanti modi in cui si manifesta la tracotanza umana, un sicuro appiglio sonoro a cui aggrapparsi quando il fastidio per i propri obiettivi intralciati straripa e porta via tutta l’obiettività che incontra. È un’affermazione di solito fatta in momenti di particolare coinvolgimento autoamoroso, e che proprio per questo s’imprime nella mente di chi la fa con la stessa forza di una rivelazione, evidente come un postulato euclideo: dato un punto e una lunghezza, la gente è stupida. Così succede che la tracotanza passa ma la convinzione resta. “La gente è stupida”, dice la gente, e mai nessuno che si chieda “la gente chi?”. “La gente è stupida” significa in realtà “io non capisco di non capire la gente”, cioè significa “non solo io non capisco la gente, ma nemmeno riesco a concepire l’idea che ci sia qualcosa da capire”, in pratica è un’ammissione di tracotanza (parte 20). Dicendo “la gente è stupida” si dice “la gente è tracotante”, solo che ci si riferisce a se stessi.
Chiarito il vero significato della frase, resta da chiedersi se sia vera. È vero che la gente è tracotante? Cioè è vero che la stragrande maggioranza della gente dà facilmente in escandescenze belluine nonostante non sia stupida? È davvero possibile che tutto questo miliardume di gente ammassata insieme da migliaia di anni sullo stesso pezzettino di terra non abbia ancora imparato a sopportarsi? Le risposte sono “sì”, “sì” e “sì”, rispettivamente. La ragione è che al crescere del coinvolgimento emotivo la saggezza necessaria per essere obiettivi (s*) tende a 1, cosicché la soglia della tracotanza, cioè il valore di amor proprio oltre il quale si è tracotanti, tende a 0

lims*→1 √(1/s*2 - 1) = 0

Quindi, siccome per quanto una persona possa amarsi poco si amerà sempre più di niente, esisterà sempre almeno una situazione così molesta da farle dire “la gente è stupida”, fosse anche la persona più saggia del mondo. Anche un asceta in meditazione, se gli si pesta il callo giusto, può bestemmiare.


22. UN ESEMPIO SU TUTTI

Luigi Bellocchio è un regista molto noto nel suo piccolo angolo di pianeta Terra, e fin da bambino ha sempre avuto un sogno: vincere la Mostra del Cinema di Frosolone, obiettivo cui corrisponde una saggezza so=0.39 (parte 4). Alcuni registi hanno il sogno di far vedere il mondo coi loro occhi, questo mondo o un altro, altri invece hanno il sogno di vincere i festival. Sono due obiettivi ugualmente rispettabili, l’unica differenza è che il secondo obiettivo è molto più vicino del primo al centro della buca dell’amor proprio, e quindi l’intelligenza minima necessaria per raggiungerlo è molto più piccola (parte 6). Luigi Bellocchio, oltre a essere molto innamorato di se stesso (a=2), è anche molto intelligente (i=0.9), e infatti ha vinto moltissimi festival: Monghidoro, Varazze, Maddaloni, Giacciano con Baruchella, Fucecchio, Crespellano, ma mai Frosolone, proprio il festival sotto casa sua. Ogni sera, prima di addormentarsi, si crogiola nel pensiero di quanto sarebbe bello vincerlo: salire sul palco davanti al duomo, stringere la mano al sindaco, concedere un’intervista al giornalino della Diocesi e, soprattutto, essere applaudito dai vecchi compagni del liceo, quelli che lo consideravano uno sfigato solo perché pensava che le donne facessero la pipì dallo stesso buco da cui fanno i bambini. Per non parlare del fatto che quello di Frosolone è uno dei festival cinematografici più prestigiosi di tutto il Molise, e alzare al cielo almeno una volta il Vitello d’Oro per il miglior film lo farebbe sentire incredibilmente orgoglioso di sé (oo=0.8, parte 4). Certo sarebbe ancora meglio alzare al cielo un Luigi Bellocchio d’oro, ma non si può avere tutto.
Ecco perché Luigi Bellocchio, fin da quando ha diretto il suo primo lungometraggio “Abbrustoliamoci”, un piccolo film amatoriale girato con gli amici (a loro insaputa), non ha mai mancato una sola edizione del festival di Frosolone. Ogni anno, per oltre quarant’anni, ha sempre letto diligentemente tutto il bando di concorso, ha sempre compilato la scheda d’iscrizione in tutte le sue parti, ha sempre scritto dettagliatamente il suo curriculum senza tralasciare niente, nemmeno quel trenta e lode in filosofia morale di cui va tanto fiero, e ha sempre spedito il tutto alla Mostra del Cinema Internazionale di Frosolone c/o Guido Sbernazzi, con tanto di raccomandata e ricevuta di ritorno, per sicurezza. Due volte, per sicurezza. Ma purtroppo non ha mai vinto. Mai, nemmeno coi suoi film più riusciti: “Leccarsi i baffi da dietro”, “Bagagliaio a mano” e “La donna col marsupio”. Ha sì vinto alcuni premi: miglior soggetto originale esclusi i presenti, miglior gatto non protagonista, miglior montatura degli occhiali, eccetera, ma mai il premio per il miglior film, e cos’altro è un film di Luigi Bellocchio se non il miglior film? Per questo motivo, stufo di fare ogni anno spazio al trofeo sulla mensola del caminetto per poi ogni anno dover rimettere tutto tristemente in ordine, decide di fare l’ultimo tentativo: “questa è l’ultima volta che partecipo”, giura fra sé e sé come ogni anno.
Una mattina di febbraio, due mesi prima della deadline, Luigi Bellocchio esce di casa col suo plico sottobraccio e il modulo della raccomandata già compilato, entra in posta salutando gli impiegati per nome e consegna nelle loro mani la sua ultima opera: “Gigi lo spaventapassere”, un intenso film autobiografico in cui racconta il suo difficile rapporto con le donne, in particolare quelle che non ci stanno. Quando l’impiegata prende il plico col film e lo getta nello scatolone delle spedizioni con lo stesso gesto con cui si butta l’immondizia, Luigi Bellocchio sente l’impulso di prenderla a schiaffi. Ma si trattiene, aiutato in questo dalla sua grande forza di volontà e da due guardie giurate che lo tengono fermo, come ogni anno. Fatto questo se ne torna a casa a fare la sua vita di tutti i giorni, tranquillamente, a parte controllare di tanto in tanto il sito del festival, giusto per vedere se è stata pubblicata la lista dei selezionati.
Tutto va avanti così per qualche mese, senza novità: il sole sorge e tramonta, i sindacati scioperano, qualcuno ammazza gente a caso per far vedere quanto è misericordioso il suo Dio e ogni cosa sulla Terra è esattamente uguale a come è sempre stata, a parte un clamoroso aumento delle visite al sito del festival di Frosolone. Poi, un giorno, arriva finalmente una mail dall’organizzazione. È una mail molto cordiale e piena di riguardi. Si vede che rispettano il suo lavoro.

Caro regista,
grazie per aver inviato il tuo film GIGI LO SPAVENTAPASSI alla 52a Mostra del Cinema di Frosolone. Quest’anno sono arrivati più di 100 film e la selezione è stata veramente molto difficile, sia per l’alta qualità artistica del materiale ricevuto sia perché il lettore dvd ogni tanto fa le bizze. Ci rendiamo conto che escludere un film per prenderne un altro significa dover scartare il lavoro di tante persone, ma bisogna pur scegliere! Quindi, pur consapevoli dei notevoli meriti artistici del tuo film, siamo tuttavia spiacenti di informarti che non è stato possibile trovare una collocazione adatta per una sua proiezione. Nemmeno nella nuova sezione “film al bagno”.
Sicuri di ricevere in futuro altre tue opere, ti invitiamo a Frosolone a seguire dal vivo il nostro spumeggiante festival, uno straordinario caleidoscopio di immagini, idee e culture da tutta la provincia di Isernia. Ti aspettiamo!

Luigi Bellocchio legge la mail da cima a fondo soppesando ogni parola, anche se con l’esperienza acquisita in tanti anni capisce di essere stato scartato già a “caro regista”. Finita la mail si passa una mano sulla faccia e, dopo un sospiro, la rilegge un’altra volta. Purtroppo però le parole non cambiano, e quel che è peggio non cambia il loro significato: il tuo film non ci piace. Com’è possibile? Luigi Bellocchio sa bene di avere tutte le qualità necessarie per vincere un festival come Frosolone: ha una reflex full HD, degli amici disposti a improvvisarsi attori e una saggezza pari a 0.4 (parte 12), sa quante sottigliezze e sfumature ci sono nel suo film, quanti innumerevoli piani di lettura, per non parlare dell’altissimo livello tecnico raggiunto in ogni aspetto della realizzazione (questa volta aveva persino il catering), eppure quest’anno non solo non vincerà niente, ma non sarà nemmeno proiettato. “Nemmeno proiettato”, che suono molesto hanno queste parole.
Quello che Luigi Bellocchio non riesce a capire è che il problema non è tanto che il suo film è brutto, quanto che i film degli altri sono belli. Non solo, il problema è anche che in ogni scelta di chicchessia, per quanto scrupolosa e meditata possa essere, c’è sempre una componente di caso, e un film per essere pienamente apprezzato deve essere visto nel momento giusto e nello stato d’animo giusto. Per esempio “2001: odissea nello spazio” è molto più bello se lo si guarda subito prima di “Stalker”, “Apocalypse now” e “Heimat”, invece che subito dopo. Capire tutto questo quando si sono spesi tanto tempo e tante energie per raccontare qualcosa a cui si tiene è davvero molto difficile (s*=0.9, parte 20), e Luigi Bellocchio non solo non riesce a capirlo, ma non riesce nemmeno a concepirlo (sC=0.45, parte 8). Infatti per concepire una cosa del genere dovrebbe amarsi meno di una casalinga (parte 4), mentre lui si ama più di Alessandro Magno, cioè poco meno di un comune mitomane ma almeno quanto un Luigi, e, proprio come un qualsiasi Luigi, quando legge la mail ha un terribile e irresistibile accesso di tracotanza.
Decide di rispondere. Cosa può scrivere a questa gente di abbastanza offensivo da ferirli, ma non così rozzo da far capire che se l’è presa? Di abbastanza arguto da dimostrare la sua superiorità intellettuale, ma non così sottile da rischiare di non essere capito? Ci vorrebbe una cosa tagliente e sintetica, poche devastanti parole che facciano subito capire con chi hanno a che fare. Non è facile. Così, dopo aver riflettuto per oltre cinque secondi, Luigi Bellocchio si tira vicino la tastiera del computer e inizia a scrivere. “Brutti imbecilli”. No, forse è meglio un più sobrio “imbecilli”. Sì, “imbecilli”. Anzi, “cari imbecilli”, non bisogna mai dimenticare le buone maniere.

Cari imbecilli,
vi sembra questo il modo di trattare un regista del mio calibro? Per non parlare del film. Lo avete visto almeno? Avete letto fra le righe? Avete colto le citazioni? Ma soprattutto avete pensato al futuro dei nostri figli? A degli organizzatori seri chiederei che facessero almeno lo sforzo di spiegare in base a quali criteri hanno scartato un film così sfaccettato e intriso di duplici significati, ma a voi non chiedo tanto, evidentemente siete poco sensibili alle sfumature di altri linguaggi. Sappiate che il mio film è conteso da tutti i grandi festival internazionali, o almeno spero. Non dico questo per elogiarmi, ma per

Per... per... per... niente, non gli viene in mente un altro motivo credibile. È troppo fuori di sé per scrivere qualcosa di sensato, quindi alla fine cancella tutto e si limita a scrivere “la gente è stupida”, come ogni anno.

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