MAIALE ARROSTO CINESE

Io amo molto il maiale arrosto cinese, non nel senso che me lo farei (anche se, obiettivamente, una bottarella...), ma nel senso che ho un grande rispetto per il maiale arrosto cinese, non lo nomino mai invano (intendo il maiale arrosto cinese) e mi faccio il segno della croce ogni volta che lo vedo: “nel nome del maiale, arrosto, cinese”. Ciononostante, quando qualcuno insinua che in realtà non è maiale, ma nutria, la cosa mi lascia indifferente. A me interessa il sapore di quello che mangio, non la specie. Se poi non è maiale, ma nutria a forma di maiale, al sapore di maiale, con la consistenza di maiale, per me non cambia niente. E potrebbe anche non essere né arrosto né cinese, pazienza, mangerei anche un sandalo mantecato bavarese purché sapesse di maiale, di arrosto e di cinese, in quest’ordine.
Invece non funziona così per il cosiddetto uomo di fede. L’uomo di fede ama molto Dio, non nel senso che se lo farebbe (anche se, obiettivamente, una bottarella...), ma nel senso che ha un grande rispetto eccetera eccetera, la differenza è che se qualcuno gli dice, tanto per fare un esempio, che in realtà non è Dio, ma nutria, all’uomo di fede gli va subito il sangue negli occhi. Anche alle donne di fede va il sangue negli occhi, ma con gli uomini è diverso, non so come dire, gli uomini ci mettono sempre quel qualcosa in più che li rende particolarmente rumorosi. Ma perché? Che gli importa? Se le ostie sapessero di maiale arrosto cinese, è sempre un esempio, io andrei a messa tutte le domeniche e non m’importerebbe niente se qualcuno insinuasse che in realtà non è maiale, ma Cristo.
Io penso che il motivo di questo comportamento sia che, primo, l’uomo di fede ha basato il senso di tutta la sua vita su Dio, mentre io non ho basato la mia vita sul maiale arrosto cinese e, secondo, che sotto sotto sa bene che Dio non esiste, mentre a me, che il maiale arrosto cinese esista o non esista, non frega proprio niente, purché me lo si lasci mangiare.
È come svegliare uno che dorme su un aereo che precipita. C’è da stupirsi se s’incazza?